Comunicare la Sostenibilità
La rendicontazione sostenibile
Il tema della sostenibilità è sempre più al centro delle strategie di competitività delle imprese, non più soltanto come un obbligo morale ed etico, ma sempre più come un obbligo giuridico, sia a livello europeo, che nazionale ed internazionale.
L’Unione Europea ha da tempo messo al centro delle sue priorità la sostenibilità, con l’obiettivo di realizzare una transizione verso modelli di crescita economica più responsabili ed attenti alle tematiche ambientali e sociali. A tale scopo, sono stati introdotti nel tempo obblighi e regole in tema di rendicontazione sull’operato delle aziende, non solo da un punto di vista finanziario, ma anche non finanziario. Tali impegni sono rivolti soprattutto alle grandi imprese di interesse pubblico, ma sempre più si stanno indirizzando verso l’inclusione anche delle realtà di medie e piccole dimensioni.
LA RENDICONTAZIONE DI SOSTENIBILITA'
Oggi, la rendicontazione di sostenibilità, nelle sue varie forme, è lo strumento maggiormente utilizzato dalle aziende impegnate attivamente sul fronte della sostenibilità per comunicare a tutti gli stakeholder le loro azioni e le loro performance dal punto di vista dell’impatto economico, ambientale e sociale (ESG).
Le principali tipologie di report di sostenibilità utilizzati sono la Dichiarazione non Finanziaria, ex. Dlgs 254/2016, la Relazione di Impatto ex. L. 208/2015 e il Bilancio di Sostenibilità, i quali hanno sostituito in tutto o in parte altre forme di rendicontazione, come il Report Integrato, disciplinato dall’International Integrated Reporting Council (IIRC), il Bilancio Sociale e il Bilancio Ambientale.
LA DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA
In Italia, il Decreto Legislativo n.254 del 2016, ha recepito la Direttiva europea 2014/95/UE, e ha introdotto l’obbligo di redazione e pubblicazione della Dichiarazione non Finanziaria, imponendo alle aziende di interesse pubblico e di grandi dimensioni, ovvero con almeno 40 milioni di fatturato e/o 20 milioni di attivo e 500 dipendenti impiegati nell’esercizio, di includere nei bilanci annuali un rapporto sugli aspetti economici, ambientali e sociali delle loro attività, dettando alcune regole e linee guida sui contenuti specifici e la forma che deve essere adottata per la redazione della Dichiarazione non Finanziaria.
Inizialmente la norma, rivolta alle imprese di interesse pubblico, aveva come principale obiettivo quello di garantire agli investitori una conoscenza puntuale delle performance non finanziarie dell’impresa, per favorire investimenti in imprese considerate virtuose dal punto di vista ambientale e sociale. Nel tempo, in linea con l’orientamento europeo, ha ampliato i suoi obiettivi nella direzione di una maggiore uniformità delle informazioni per un più facile accesso e comprensione a tutti gli stakeholder, aumentandone la trasparenza e la comparabilità.
Recentemente, il Parlamento Europeo ha adottato una nuova Direttiva, la Corporate Sustainability Reporting Directive del 2021, la quale ha introdotto alcune novità riguardo la rendicontazione di sostenibilità.
Tra le novità introdotte, la più importante è l’estensione dell’obbligo di rendicontazione non finanziaria a tutte le imprese di interesse pubblico (escluse le microimprese quotate) e le PMI, anche non quotate, ma con 40 milioni di fatturato e/o 20 milioni di attivo e 250 dipendenti impiegati nell’esercizio, con obbligo di rendicontazione per l’anno 2025 e deposito della relazione nel 2026.
Riguardo le tematiche da trattare, la legge impone di redigere la Dichiarazione non Finanziaria nella misura necessaria ad assicurare la comprensione dell’attività dell’impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto da essa prodotto in relazione ad una serie di temi.
Essi sono:
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Ambiente - l’utilizzo di risorse energetiche ed idriche, l’impego di risorse rinnovabili e l’impatto generato dalle attività aziendali;
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Sociale - la gestione delle relazioni con fornitori e clienti, così come i temi di salute e sicurezza della comunità in cui l’attività è inserita;
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Personale - le pratiche di gestione, la garanzia del rispetto dei diritti di parità di genere, il rispetto delle convenzioni di organizzazioni nazionali e internazionali;
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Diritti umani - le iniziative adottate per prevenire eventuali violazioni e il rispetto dei diritti di uguaglianza e pari opportunità;
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Lotta alla corruzione attiva e passiva;
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Diversità - le politiche adottate per garantire la diversità a livello della governance.
La normativa italiana prescrive di pubblicare la Dichiarazione non Finanziaria o come parte integrante della Relazione sulla gestione, o come documento a sé stante, e depositarla, nei termini del deposito del bilancio di esercizio, alla Camera di Commercio, oltre che pubblicata sul sito internet aziendale.
È inoltre previsto il controllo e la verifica delle informazioni riportate e della modalità di redazione del documento da parte di revisori terzi indipendenti abilitati alla revisione legale.
Circa gli Standard di rendicontazione da adottare per la redazione del documento, la legge prescrive di adottare qualsiasi Standard o linea guida riconosciuto a livello internazionale, funzionale ad adempiere agli obblighi di completezza e trasparenza della Direttiva.
GLI STANDARD GRI
Gli Standard più comunemente adottati per la redazione della Dichiarazione non Finanziaria, così come nelle altre tipologie di report di sostenibilità oggi utilizzati, sono gli Standard GRI Sustainability Reporting Standard, emanati dal Global Reporting Istitute, un’organizzazione no profit internazionale che si occupa del loro costante aggiornamento e della loro corretta applicazione.
Questi Standard, recentemente rivisitati per garantire maggiore completezza, trasparenza e uniformità, in linea con gli obiettivi della Corporate Sustainability Reporting Directive, nella loro versione originaria, adottata fino all’esercizio 2022.
Essi comprendono:
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3 Standard Universali – contenenti i principi generali di redazione del report e di individuazione dei temi materiali da rendicontare, intesi come tematiche ESG di elevata rilevanza sia per l’azienda che per gli stakeholder
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33 Standard Specifici – suddivisi in economici, ambientali e sociali, indicanti gli indicatori da utilizzare in relazione ad ogni tema scelto
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40 Standard di Settore – riportano linee guida e indicatori appositamente sviluppati per una serie di settori identificati. Al momento sono stati pubblicati quelli relativi a gas e petrolio, carbone, agricoltura, acquacoltura e pesca. E’ in fase di stesura quello sul settore minerario.
Da Gennaio 2023 sono in vigore i nuovi Standard GRI, che completano ed integrano le linee guida riportate negli Standard precedenti. Questi comprendono 3 nuovi Standard Universali, volti a garantire il rispetto dei principi di governance responsabile e di due diligence dell’organizzazione e 31 Standard Specifici che completano l’informazione in relazione a specifici argomenti. I GRI Sector Standard restano invariati e in fase di redazione.
Oltre all’ampliamento della tipologia di aziende soggette all’obbligo di redazione, la Corporate Sustainability Reporting Directive europea ha introdotto novità riguardanti gli Standard di rendicontazione da adottare per la redazione dei contenuti del report. Sarà disponibile un set di Standard di sostenibilità europeo, ancora in fase di elaborazione da parte dell’European Financial Reporting Advisory Group, e previsto per giugno 2023.
IL B IMPACT ASSESSMENT E IL SDG ACTION MANAGER
Tra gli strumenti utili per definire i principi della strategia di sostenibilità aziendale, individuare i temi materiali e sviluppare i contenuti del report, vi è il B Impact Assessment, sviluppato da B Lab (per approfondire), ente no profit internazionale certificatore delle Benefit Corporation.
Il BIA è uno strumento di valutazione dell’impatto generato dalle aziende a livello ambientale e sociale, che indaga le performance dell’impresa secondo 5 macroaree: governance, lavoratori, comunità, ambiente e clienti.
Il SDG Action Manager è uno strumento di valutazione ed orientamento, sviluppato da B Lab e dal Global Compact delle Nazioni Unite, utile a comprendere quali dei 17 Development Sustainable Goals dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, siano più impattanti per l’azienda, a stabilire obiettivi e a monitorare il cambiamento realizzato.
LA RELAZIONE DI IMPATTO
La Relazione di Impatto è il documento che, la legge 208 del 2015 disciplinante le Società Benefit (per approfondire), prescrive di redigere annualmente a tali imprese per comunicare, in modo chiaro e trasparente, come venga perseguito lo scopo di beneficio comune dichiarato dall’azienda all’interno del proprio oggetto sociale.
In particolare, la Relazione di Impatto, riporta:
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La descrizione degli obiettivi specifici, dei risultati raggiunti, delle modalità e delle azioni attuate dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato;
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La valutazione dell’impatto generato dall’azienda rispetto a 4 aree di analisi principali:
- Governo dell’impresa - per valutare il grado di trasparenza e responsabilità della società nel perseguimento delle finalità di beneficio comune, con particolare attenzione allo scopo della società, al livello di coinvolgimento dei portatori d'interesse, e al grado di trasparenza delle politiche e delle pratiche adottate dalla società,
- Lavoratori - per valutare le relazioni con i dipendenti e i collaboratori in termini di retribuzioni e benefit, formazione e opportunità di crescita personale, qualità dell'ambiente di lavoro, comunicazione interna, flessibilità e sicurezza del lavoro,
- Ambiente - per valutare gli impatti della società, con una prospettiva di ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, in termini di utilizzo di risorse, energia, materie prime, processi produttivi, processi logistici e di distribuzione, uso e consumo e fine vita,
- Altri portatori di interesse, per valutare le relazioni della società con i propri fornitori, con il territorio e le comunità locali in cui opera, le azioni di volontariato, le donazioni, le attività culturali e sociali, e ogni azione di supporto allo sviluppo locale e della propria catena di fornitura;
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La descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell’esercizio successivo.
La legge non prescrive di utilizzare uno Standard di rendicontazione specifico, ma solo che questo sia esauriente ed articolato nel misurare l’impatto generato, oltre che sviluppato da un ente terzo rispetto alla società. Tra gli Standard più utilizzati ci sono il B Impact Assessment, l’SDG Action Manager, i GRI e le Linee Guida UNI ISO26000 sulla Responsabilità Sociale di Impresa.
IL BILANCIO DI SOSTENIBILITA'
Anche le aziende non obbligate dalla normativa scelgono di comunicare le loro performance socio ambientali utilizzando il Bilancio di Sostenibilità. La Commissione Europea, nel libro verde del 2001 sulla responsabilità sociale di impresa, lo definisce come una forma di integrazione volontaria delle questioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle operazioni commerciali e nelle relazioni con i vari stakeholder.
Il Bilancio di Sostenibilità, come la Dichiarazione non Finanziaria e la relazione di Impatto, fornisce una rappresentazione chiara ed equilibrata delle performance di sostenibilità di un’organizzazione, riportando informazioni relative a questioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e all’anticorruzione, oltre che volte a rappresentare la governance e la strategia dell’impresa.
Essendo un documento volontario, non ci sono precise linee guida o Standard di rendicontazione da adottare, oggetto quindi della discrezionalità del redattore, ma il framework più ampiamente adottato si conferma essere il Global Reporting Iniziative Standard (GRI).